- Davide Rogai, founder di Commit, azienda che offre servizi di consulenza e prodotti software, realizzati attraverso le migliori tecnologie ed i più evoluti linguaggi esistenti. Ci parli della storia della sua azienda, e di come si è evoluta nel tempo insieme allo svilupparsi delle nuove tecnologie?
Commit nasce come idea tra i laboratori di ricerca dentro la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Firenze, quindi innovativa nel DNA ha sempre cercato giovani talenti e aggiornamento delle competenze seguendo ogni novità in campo “digital”, anche se a quei tempi non si diceva così.
Il gruppo di ricercatori si unisce nel 2007, e attraverso l’assunzione di studenti meritevoli costruisce un nucleo che si occupa di Ingegneria del Software, cioè dello studio e dell’applicazione di strumenti e processi allo stato dell’arte per rendere l’attività di sviluppo software un processo “industriale”. Nata come azienda specializzata in sistemi Embedded (adesso IoT Internet Of Things) e Mobile, adesso App sugli store di Apple e Google, Commit è cresciuta come un team di eccellenza capace di affrontare lo sviluppo di sistemi software dal Web agli Smartphone sul Cloud o su un chip. Costruttori Digitali che realizzano le “visioni” dei propri clienti.
- Nel mondo di oggi, si parla sempre di più di Digital Trasformation delle aziende. Quali sono i passi da attuare per rendere la propria impresa davvero innovativa sotto questo punto di vista?
Esistono vari tipi di innovazione: di prodotto e di processo. Ad oggi deve essere una costante riflessione per l’azienda come il digitale possa migliorare l’utilizzo del proprio prodotto/servizio. Oltre a questo la maggior parte dei processi (siano essi interni o verso mercato) è digitalizzabile, che è sinonimo di “strutturabile”, “velocizzabile”, “misurabile”: tutti valori importanti per sostenere la crescita.
Ogni “Trasformation” passa dalla testa degli addetti dell’azienda, e deve essere immaginata, condivisa, sponsorizzata ed alla fine misurata per apprezzare i benefici portati. L’azienda deve comprendere che l’approccio alla digitalizzazione non passa dall’acquisto di un insieme di prodotti, ma che la digitalizzazione è una visione che si realizza con “system integration”, cioè con l’unione di soluzioni di mercato e sistemi di interfacciamento che “mettano a terra” il processo desiderato.
- Il mondo del lavoro è sempre più in cerca di figure legate al digitale. Quali sono, a suo avviso, i profili più richiesti?
A seguito della pandemia è sempre più tangibile: come mi capita di dire parlando con molti colleghi imprenditori digitali e non “lo Tsunami sta arrivando”, cioè sta salendo vertiginosamente la richiesta di sviluppatori (o come dicevamo 10 anni fa programmatori e analisti).
La figura che sarà sempre in crescente richiesta, come minimo nei prossimi 20 anni, sarà lo sviluppatore. Il bello è che ormai gli aspetti tecnologici sono così vari che non si può più parlare di sviluppatore in senso generico; ogni sviluppatore ha una specializzazione, ad esempio se ha competenze front-end (web o mobile) o back-end (con differenziazione tra i vari linguaggi più comuni come Java, C#, PHP, etc).
- Siete una realtà giovane e nonostante questo avete deciso di aderire al progetto SSATI come soci sostenitori. Quali valori condividete con la Scuola?
Il valore principale che condividiamo con la Scuola è che il territorio con i suoi attori pubblici e privati deve concorrere alla crescita culturale dei giovani: questa è competitività vera e una grande opportunità per le aziende. Noi siamo tra quelle aziende che, provenendo dal mondo accademico e di alta formazione, ha chiara la differenza tra addetti ben formati e non, e anche internamente noi proseguiamo questa vocazione formativa organizzando Commit University.
- Ultima battuta: il momento che stiamo vivendo sta ridefinendo molti settori. Come si plasmerà, secondo lei, il futuro dello sviluppo software e quali saranno le nuove competenze da apprendere?
Il mondo del software sta velocemente crescendo e, come nel ritmo d’adozione del digitale, il COVID in modo esponenziale ha premuto forte sull’acceleratore. Il nostro settore ha totalmente “sdoganato” e imposto il remote-working, che significa che tra poco, più di quanto possa essere già accaduto prima, esiterà un mercato globale degli sviluppatori dove globale include altri paesi emergenti e con numeri incredibili come Cina e India. Lo sviluppatore dovrà specializzarsi in tecnologie legate a Human Interaction e Intelligenza Artificiale, ma soprattutto dovrà conoscere bene processi di mercato o industriali e acquisire competenze trasversali che modernamente chiamiamo “soft-skill”. Questa è la nuova sfida: una nuova specie di sviluppatori che potranno supportare la digitalizzazione direttamente facendo parte del management aziendale. Nuovi responsabili di funzione e/o di area che dovranno pensare e governare la realizzazione e la manutenzione di sistemi digitali a supporto dei processi.